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SÌ DELLA CAMERA ALLA RATIFICA DELLA CONVEZIONE ITALIA –SVIZZERA

Nella seduta di ieri la Camera ha approvato il ddl di ratifica del Protocollo che modifica la Convenzione tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio (Protocollo aggiuntivo, conclusa a Roma il 9 marzo 1976, così come modificata dal Protocollo del 28 aprile 1978, fatto a Milano il 23 febbraio 2015).


Per effetto della Convenzione, tra l’altro, l’Italia avrà accesso alle informazioni dei conti italiani nelle banche svizzere – abolizione segreto bancario – mentre la Confederazione uscirà dalla black list.

Relatore del provvedimento, Alessio Tacconi (Pd) ha ripercorso i momenti salienti che hanno caratterizzato i rapporti tra i due Paesi all’ombra delle Convenzioni che si sono succedute dal 1976 ad oggi.

Quanto al ddl, “con l'articolo 1 si sostituisce integralmente l'articolo 27 della Convenzione per renderlo rispondente e conforme agli attuali standard dell'OCSE. Il nuovo articolo 27 amplia la base giuridica per la cooperazione tra le amministrazioni dei due Paesi, in quanto al paragrafo 1 consente alle autorità degli Stati contraenti di scambiare le informazioni anche per l'applicazione del diritto interno di ciascuno Stato in relazione alle imposte di qualsiasi natura o denominazione e, pertanto, di operare un più efficace contrasto dell'evasione fiscale in piena coerenza con l'obiettivo prioritario della lotta all'evasione e all'elusione fiscali perseguito dalla normativa nazionale italiana. Significativa, a tale riguardo, è la disposizione contenuta nel paragrafo 5 dell'articolo 27, che stabilisce che in nessun caso uno Stato contraente può rifiutare di comunicare informazioni unicamente perché queste sono detenute da una banca, un altro istituto finanziario, un mandatario o una persona che opera in qualità di agente o fiduciario. La disposizione supera e abolisce definitivamente il segreto bancario”.

Il Protocollo, ha precisato Tacconi, “non vieta dunque la movimentazione dei capitali ma semplicemente agevola il monitoraggio di tali movimentazioni qualora l'Italia ne faccia richiesta anche di gruppo”.

Grazie al Protocollo – che entrerà in vigore “dopo lo scambio degli strumenti di ratifica” – “l'amministrazione finanziaria italiana avrà visibilità sui conti in Svizzera dei contribuenti italiani. Questo sistema di accesso alle informazioni – ha commentato Tacconi – costituisce uno strumento più efficace rispetto allo scambio automatico di informazioni previsto dall'Accordo tra l'Unione europea e la Svizzera firmato il 27 maggio 2015, che prevede lo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari dei contribuenti dei rispettivi Paesi a partire dal 2018 con riferimento all'annualità precedente e cioè il 2017”.
Il deputato eletto all’estero ha quindi sottolineato che “il Protocollo dispiegherà effetti positivi sull'esito della procedura della voluntary disclosure”, visto che “allarga la platea dei potenziali aderenti alla regolarizzazione dei capitali in Svizzera in buona sostanza per effetto della sottoscrizione tempestiva dell'accordo rispetto alla tempistica prevista dalla voluntary disclosure, la Svizzera impegnandosi allo scambio di informazioni viene equiparata ad un Paese non “black list”, pertanto i contribuenti che intendono aderire alla regolarizzazione non subiscono il raddoppio dei termini di accertamento e il conseguente peggioramento del trattamento sanzionatorio previsto invece per chi regolarizza capitali da Paesi in lista nera”.

Nelle dichiarazioni di voto finali sono intervenuti anche Fucsia Nissoli (Pi) e Gianni Farina (Pd) per dichiarare il voto favorevole dei rispettivi gruppi.
La prima ha sottolineato come con la ratfica si “pone fine a lunghe diatribe tra i due Paesi, che hanno rappresentato un vero e proprio punto nero nella storia delle relazioni diplomatiche e nei rapporti di ottimo vicinato tra i due Paesi, senza dimenticare la presenza consistente della comunità italiana che vive in Svizzera e che ha dato un contributo notevole allo sviluppo di questo Paese”.

Farina ha ricordato il recente Forum italo-svizzero svolto a Milano per poi sottolineare come fosse “evidente la necessità di regolamentare i problemi legati alla doppia imposizione fiscale, introducendo in particolare lo standard dell'OSCE sullo scambio di informazioni fiscali su domanda. Era necessaria la revisione della convenzione tra l'Italia e la Svizzera, entrata in vigore nel marzo del 1979, che stabiliva la compensazione finanziaria dei tre cantoni di frontiera non oltre il 40 per cento del gettito fiscale da versare alla tesoreria del Ministero del tesoro con il vincolo di trasferimento ai comuni di provenienza dei lavoratori frontalieri, nonché vi era da fissare il complessivo miglioramento dell'accesso al mercato italiano dei fornitori svizzeri di prestazioni finanziare, partendo dallo stato di fatto di un interscambio tra i due Paesi, oggi, oltre i 30 miliardi. Tutto ciò in un accavallarsi di tensioni e, per quanto riguarda i lavoratori frontalieri, la resistenza sino alla minaccia del canton Ticino di congelare i trasferimenti del gettito fiscale (ammontante all'incirca a 44 milioni di euro) all'Italia, con drammatiche conseguenze, quindi, di carattere finanziario per i comuni interessati. La firma dell'intesa sulle questioni fiscali tra l'Italia e la Svizzera è un passo nella giusta direzione, per quanto riguarda il nostro Paese, ma anche e soprattutto per la Svizzera, Paese in cui l'atto finale sarà dopo il pronunciamento referendario del popolo svizzero. Ecco il perché dell'intesa che, una volta completata sul piano politico e tecnico, può aprire un nuovo capitolo nei rapporti tra le due nazioni”.

Molto critico, invece, il Movimento 5 Stelle che, con Carlo Sibilia, si è scagliato contro “il sistema del debito e dell'interesse” che ha portato l’Italia “ad avere 2.274 miliardi di euro di debiti, 107 miliardi soltanto di interesse annuo”, e contro il sistema delle banche private che “creano moneta”, citando il prossimo referendum svizzero “avente per oggetto l'iniziativa popolare federale “Per soldi a prova di crisi: emissione di moneta riservata alla Banca nazionale svizzera (Iniziativa Moneta Intera)” che “dovrà tenersi entro i prossimi cinque anni” e che “prevede di togliere alle banche commerciali il potere di creare moneta elettronica dal nulla, concentrando tale facoltà alla Banca centrale svizzera, in modo che il relativo profitto derivante da tale emissione vada a vantaggio dei cantoni invece che dei banchieri privati come oggi avviene esentasse”.

A fine seduta, la Camera ha approvato il ddl di ratifica con 339 voti a favore (409 i presenti; 339 votanti, 70 astenuti).

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