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SCHIAVONE: MARCINELLE OVVERO IL SACRIFICIO DEL LAVORO

 

Innumerevoli e copiosi sono i libri, le pubblicazioni e gli articoli di cronaca, come anche i seminari, i lavori di ricerca a livello universitario, le esposizioni fotografiche nonché le rappresentazioni teatrali e i documentari televisivi realizzati negli ultimi 61 anni per ricordare la tragedia di Marcinelle. Ultimo della serie una pubblicazione a fumetti realizzata dal Comites di Bruxelles con il sostegno della Farnesina. Una storytelling umana in cui persero la vita 262 minatori di cui 136 italiani, assieme a numerose ed identiche tragedie avvenute nei cinque continenti, che rappresenta il contributo italiano al progresso civile, sociale ed economico della nostra comunità all’estero allo sviluppo creato dalla rivoluzione industriale sfruttando le materie prime ed il lavoro fisico dell’uomo.


Da ciò mosse la proposta dell’onorevole Mirko Tremaglia, all’epoca ministro degli italiani nel mondo, per promuovere la giornata dell’ 8 agosto quale "Giornata Nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel Mondo".

La tragedia di Marcinelle è diventata un simbolo e un santuario della memoria per tutti gli emigranti italiani, che hanno perso la vita sul lavoro, spesso un lavoro duro, faticoso e pericoloso.
Questa commemorazione serve a ricordare, alle future generazioni, il sacrificio di tutti i lavoratori italiani, che hanno perso la vita nell'adempimento del proprio dovere, ma vuole essere anche un monito a mantenere alta la guardia sui diritti del lavoro e dei lavori, anche ai tempi della rivoluzione digitale.

La presenza del sottosegretario On. Vincenzo Amendola e del direttore generale per le politiche degli italiani all’estero (DGPIEM) Luigi Maria Vignali, come anche dei consiglieri del CGIE e dei Comites in Belgio alle commemorazioni di Marcinelle l’8 agosto prossimo è un atto di profonda gratitudine verso le vittime e le loro famiglie, una considerazione viva e sincera che va oltre la consuetudine e rinnova la vicinanza delle istituzioni italiane alle nostre comunità nel mondo, il cui numero ha oramai superato la soglia dei cinque milioni senza dimenticare l’incerto numero dei discendenti.

La tragedia mineraria avvenuta l’8 agosto 1956 nel Bois du Cazier nei pressi di Marcinelle, cittadina situata nei sobborghi di Charleroi, nella regione della Vallonia, simboleggia per gli italiani all’estero il momento più alto del sacrificio di chi è stato costretto ad emigrare per ragioni economiche e di chi, oggi, è spinto dalle nuove opportunità della mobilità facilitata e dalle nuove forme del lavoro moderno.

Come scrive il giovane ricercatore e storico italo-svizzero Toni Ricciardi nel suo libro “Marcinelle, 1956. Quando la vita valeva meno del carbone”, “quella degli italiani in Belgio fu in quegli anni una vera e propria emigrazione di Stato”. L’Italia, infatti, a conclusione della seconda guerra mondiale, aveva una assoluta urgenza di carbone per far ripartire la produttività dell’industria nazionale, e un’urgente necessità di trovare opportunità di lavoro per alleggerire la forte disoccupazione. In Europa, Paesi come la Francia ed il Belgio avevano l’esigenza di reperire manodopera per far ripartire l’estrazione del carbone. Così dal 1946 l’Italia, con il governo De Gasperi, sottoscrisse dei trattati (prima con la Francia e successivamente con il Belgio) con cui si impegnava a favorire l’emigrazione verso le zone minerarie francesi e belghe in cambio di carbone. Nello specifico, l’accordo con il Belgio prevedeva la vendita di 2,5 tonnellate di carbone all’Italia per ogni 1000 operai inviati.

Certamente, non tutti quelli che si recavano in Belgio veniva inviati a lavorare in miniera, solo a coloro che superavano gli esami da parte dei responsabili medici e considerati idonei al lavoro veniva concesso il permesso di lavoro B, della durata di un anno rinnovabile e che vincolava il lavoratore a cinque anni di attività ininterrotta nel settore minerario con un alloggio presso campi di lavoro utilizzati per i prigionieri di guerra durante il conflitto, […] con salari che composti da una parte fissa ed una parte proporzionale alla produzione, un sistema che, esortando gli operai all’aumento smisurato del rendimento, aumentava la pericolosità del mestiere. Solo con la tragedia di Marcinelle, l’emigrazione, attraverso trattati ufficiali, ebbe termine.
Ripensare il mondo del lavoro ai tempi della globalizzazione, della società della conoscenza e della nuova rivoluzione digitale 4.0 senza perdere di vista l’essenza, che è dentro il senso delle prestazioni materiali e immateriali dei soggetti fisici e delle persone giuridiche, come anche rivedere le forme, i tempi e i diritti a sessantun anni dalla tragedia di Marcinelle, al cospetto di profonde trasformazioni sociali e tecnologiche, ci impegna a riconsiderarne la natura, il valore ed in particolare l’ambito nel quale il lavoro deve esprimersi per continuare a svolgere un ruolo preponderante nella società del futuro.

Perciò, i diritti del lavoro vanno aggiornati per consentire ai soggetti protagonisti opportunità d’accesso e garantire tutele, come anche per permettere di governare i processi della competizione dei mercati e delle merci, ma non possono essere disgiunti dai diritti sociali e di cittadinanza, compreso quello dello ius soli per i cittadini stranieri residenti in Italia, sul quale nel nostro paese si sta discutendo in maniera accesa e controversa. Questi sottostanno ad una condizione imprescindibile di reciprocità su larga scala per vederli garantiti anche ai nostri connazionali al fine di favorirne l’integrazione nei nuovi paesi di residenza.

Il richiamo a Marcinelle e alle tante Marcinelle, passate e presenti, nel mondo in cui gli italiani sono stati e continuano ad essere, purtroppo, tristemente protagonisti ci riporta alla mente che “tutti i grandi avvenimenti e i grandi personaggi della storia universale si presentano due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa”.

Michele Schiavone

 

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