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IL GRIDO DI DOLORE DELL’AMAZZONIA CI INTERPELLA TUTTI! - DI GIANNI LATTANZIO

“La notizia allarmante della vastità di Foresta Amazzonica che sta bruciando in questi giorni, e le foto satellitari degli incendi, non hanno lasciato indifferenti i tanti cittadini che da ogni parte del pianeta si sono sentiti interpellati ad esprimere il loro appello a fermare lo scempio (con petizioni, manifestazioni, ecc.). Al di là del significato simbolico che riveste l’Amazzonia, come polmone verde dell’intero pianeta, riserva preziosa di ossigeno e di biodiversità, resta lo sconcerto per l’impotenza degli Stati a governare il fenomeno, intervenendo con azioni efficaci e tempestive”. Inizia così l’articolo che Gianni Lattanzio, Segretario nazionale di Ambientevivo, ha scritto per il “Corriere degli italiani” di Zurigo.


“L’ambiente globale e il clima sono considerati al livello globale ma ancora non esistono strumenti vincolanti ed effettivi che stabiliscano norme sostanziali intese quali veri e propri obblighi degli Stati in senso positivo, né tantomeno è facile attribuire la responsabilità internazionale per danni all’ambiente e all’ecosistema.

Lo sfruttamento delle risorse naturali della Foresta Amazzonica (legname, risorse minerarie) e, parallelamente, l’incremento delle terre da destinare all’agricoltura mediante la deforestazione rientrano nel diritto degli Stati di utilizzare le foreste secondo le proprie necessità, e per favorire il loro sviluppo, secondo una prassi che non è certo recente. Va appena ricordato che circa il 60% della foresta amazzonica si trova in Brasile e la restante parte in Paesi limitrofi, quali ad esempio la Bolivia e il Perù.

Tuttavia, l’utilizzo di tali risorse deve avvenire senza ledere i principi di conservazione e sviluppo delle stesse foreste, come afferma la Dichiarazione dei principi per la gestione sostenibile delle foreste adottata nell’ambito della Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 (c.d. Vertice della Terra). Il delicato equilibrio tra lo sfruttamento produttivo e le azioni a favore della conservazione a vantaggio delle generazioni presenti e future è espressione del principio dello sviluppo sostenibile affermato da tempo sul piano internazionale. Da un lato primeggia la sovranità degli Stati che ospitano la Foresta Amazzonica, dall’altro le esigenze della Comunità degli Stati nel suo insieme di salvaguardare le foreste e insieme, la biodiversità e il clima che sono strettamente dipendenti dall’uso sostenibile delle stesse. Come attestato dai dati satellitari raccolti dall’iniziativa Copernicus dell’ESA, quest’anno nel mese di agosto vi è stato il quadruplo di incendi rispetto a quelli dell’anno scorso nella foresta amazzonica con una produzione di circa 228 milioni di tonnellate di anidride carbonica, uno dei principali gas serra responsabili del riscaldamento globale.

Sono evidenti le ripercussioni sul clima anche se è ancora presto per fare una valutazione complessiva. Tuttavia, l’anidride carbonica prodotta, assieme ai fumi e alle polveri, contribuirà a rendere più intensa la stagione secca, con il rischio di favorire ulteriori incendi, che se arrivassero a distruggere 1/3 dell’attuale foresta, ci potrebbero essere danni irreversibili e permanenti all’intera Amazzonia.

Al fine di cercare di governare il fenomeno, il 23 settembre 2014 è stata adottata la New York Declaration on Forests, che racchiude un impegno politico degli Stati firmatari a ridurre la deforestazione e a compiere azioni di ricostituzione del patrimonio forestale perduto. Un impegno politico, anche se non giuridicamente vincolante, che pone il problema nell’agenda mondiale. In linea con queste finalità, l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile richiama l’attenzione sulla protezione delle foreste e dell’habitat ad esse connesso, inclusi i diritti delle popolazioni indigene, che da molto tempo vivono in quelle aree del pianeta. Come ha sottolineato Papa Francesco, l’Amazzonia rappresenta “tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri”, ricordando anche, lo scorso anno a Puerto Maldonado, in Perù, che “non possiamo disporre dei beni comuni secondo le pretese dell’avidità e del consumo. È necessario che esistano dei limiti che ci aiutino a difendere noi stessi da ogni tentativo di distruzione massiccia dell’habitat che ci sostiene e ci fa vivere”.

Recentemente, anche i leader politici del G7, a Biarritz, in Francia, hanno affrontato il problema con lo stanziamento di 20 milioni di euro per il finanziamento di aeromobili al fine di contrastare gli incendi boschivi che imperversano nella foresta pluviale amazzonica.

Le nuvole gonfie di fumo su San Paolo a migliaia di chilometri dagli incendi amazzonici ci insegnano che ciò che avviene lontano da noi non è più così lontano: ci interessa, ci interpella, ci spinge ad agire sul piano morale e non solo per preservare la casa comune. È necessario che si attui una governance globale dei grandi ecosistemi nel segno della corresponsabilità degli Stati e per la salvaguardia dei diritti delle popolazioni indigene e dello stato di salute del pianeta”.

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